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Imparato: «Anche le nostre auto saranno elettrificate, la prima la Tonale»


«Quando Carlos Tavares mi ha proposto questo incarico ho accettato immediatamente, con entusiasmo», spiega Jean-Philippe Imparato. Il nuovo numero uno dell’Alfa Romeo, che negli ultimi 5 anni ha guidato la Peugeot, sintetizza quanto accaduto. Le cose, però, hanno una logica più profonda. Difficile che Jean-Philippe abbia saputo dell’idea così all’ultimo minuto, lui che è uno dei pochissimi manager ad avere un rapporto quotidiano con Tavares.

Per di più per occuparsi dell’Alfa, la sfida più entusiasmante di Stellantis. Un challenge che il manager portoghese, Imparato ed anche il presidente John Elkann vogliono assolutamente vincere. I tre hanno amore per la tradizione e il motorsport e sono dei grandi sportivi praticanti (Carlos e Jean-Philippe hanno sempre dietro la sacca con casco e tuta da pilota), ma la grande scommessa è soprattutto di business. Quanto può valere un marchio premium con un heritage simile messo in condizioni di volo sicure e con una gamma adeguata? Tanto. Roba da far sognare uno spin off a lunghissima gittata. E proprio sulla pianificazione a lungo termine gioca ora Stellantis che deve valorizzare al meglio e far convivere 14 marchi. Lo stesso Imparato nel suo “discorso di insediamento”, ha parlato di «piani a 5, 10 e anche 20 anni».


Soprattutto ha invocato la «stabilità e la programmazione, gli impegni e i tempi certi, non anticipare mai passaggi che non possono essere mantenuti e che darebbero una sensazione di mancanza di leadership e di direzione certa». Ecco perché Imparato era la scelta giusta, quasi obbligata, come il cacio sui maccheroni. Almeno nella mente di Tavares, statene certi, il manager ciclone di origini italiane era designato al timone della casa milanese da quando FCA e PSA hanno iniziato ha corteggiarsi per fondersi. Tutto ciò, adesso, ha davvero poca importanza. Molto più rilevanti le mosse che Imparato, con l’approvazione diretta ed il sostegno di Tavares, farà per attuare il diabolico piano. «Il primo modello che lanceremo sarà la Tonale. Presentazione a marzo, commercializzazione ad inizio giugno, dopo la festa della Repubblica.


Certo che ci siamo presi un po’ di tempo per sfruttare le opportunità offerte dal gruppo Stellantis, anche perché dall’inizio avremo una versione fortemente elettrificata e in futuro tutte le nuove Alfa avranno una variante elettrica o ibrida plug-in». Poi la presentazione della squadra, «quasi tutta italiana»: «L’Alfa Romeo si guida dall’Italia, la sua base produttiva principale sarà a Cassino. Il team di vertice che opera nel quartier generale insediato nel Centro Stile, nelle ex officine 83 di Mirafiori feudo della Fiat, è un’equipe affiatata e compatta, agile. Che sarà in grado di prendere decisioni rapidissime. Quindi l’impostazione di business, solida e consolidata, fedele allo schema vincente di Tavares che ha permesso di rilanciare la Peugeot-Citroen e poi anche la Opel da decenni in zona rossa.


Non ci sono bonus per nessuno, ogni soldo che va investito deve produrre valore: «Siamo un’azienda, dobbiamo muoverci in maniera coordinata, con una pianificazione ferrea. Ogni mese facciamo il punto con le fabbriche per accertarci che tutto sia allineato, anche i fornitori. Abbiamo anche dei meeting periodici con DS e Lancia per sfruttare al meglio le opportunità dei tre marchi premium». Imparato parla di prodotto, l’aspetto più intrigante quando si tratta di Alfa Romeo: «Lavoriamo su tutte e tre le piattaforme di Stellantis, “small”, “medium” e “large”, sulle quali si può costruire una gamma molto ampia. Ci concentreremo su queste perché i volumi ci consentiranno di fare quelle economie di scala indispensabili per avere un ritorno importante. Molte Alfa Romeo nasceranno a Cassino, ma la Tonale verrà prodotta a Pomigliano ed avremo un modello più compatto anche a Tychy in Polonia».


Dai primi incontri col Biscione è venuto fuori un forte feeling, un amore fra il manager e il brand che non è certo nato adesso: «La mia prima auto è stata una Giulia 1300. Papà aveva un’Alfetta, la mamma girava in Alfasud, ho profondo rispetto per quelle macchine, hanno segnato un’epoca. No, i volumi non sono importanti. Certo che abbiamo i target, ma li teniamo per noi. L’impegno è fare auto di qualità che soddisfino i clienti producendo valore, stabilmente e in tutto il mondo. Alfa non ha mai avuto una produzione elevatissima, il massimo storico credo che sia stato qualcosa in più di 170 mila vetture l’anno».


Poi la full immersion nella nuova realtà per prendere contatto con lo stato dell’arte: «Da Parigi sono volato a Milano. Poi a Torino dove ho iniziato subito a lavorare. Ho iniziato il viaggio da Arese, dove c’è il museo storico, gioielli di incredibile valore, che hanno scritto pagine importanti nelle storia dell’auto, soprattutto sportiva a da competizione. Quindi le fabbriche, Cassino e Pomigliano. Sono rimasto impressionato dal livello tecnologico di questi impianti, fra i più avanzati d’Europa. La cosa che mi ha sorpreso di più, però, è la awareness che deriva da un heritage senza pari: l’Alfa Romeo è conosciuta in tutto il mondo. È notissima in Europa e in America, ma lo è anche in Cina. Per questo motivo non è in discussione la nostra presenza negli Stati Uniti, un grande mercato dove che è fuori sogna di esserci e il biglietto d’ingrasso costa tantissimo, miliardi. L’Alfa c’è e ci rimarrà anche se dovremo migliorare l’approccio insieme alla formidabile squadra di Manley. La Cina è un discorso diverso, ma anche l’ ci sono tutti i presupporti per giocare un ruolo importante».


Imparato vuol sfruttare i valori del passato, ma guarda al futuro senza esitazione: «Il dato è tratto, entro il 2030 bisogna abbassare le emissioni di CO2 del 60%, se non sei profondamente elettrificato sei fuori. E noi lo saremo con tanti modelli zero emessioni. Le nuove piattaforme elettriche di Stellantis promettono molto bene, potremo avere autonomie superiore a 700 km o forse anche 800. L’Alfa interpreterà questo tema a modo suo, in linea con i propri valori e il proprio temperamento». Il manager di origini italiane conclude parlando di Quadrifoglio. «Un marchio antico, il simbolo del dinamismo e della sportività. Certo che avrà un futuro, anche elettrico. Ma quando si sfoggia un brand del genere bisogna essere in grado di porre l’asticella molto in alto e rispettare tutte le aspettative che sono molto elevate».


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