Lancia Stratos: asso pigliatutto


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Con la vittoria di Sandro Munari nel Tour de Corse, il 7 novembre, il Campionato Mondiale Rally 1976 vede per il secondo anno consecutivo il trionfo della Lancia Stratos. Dominatrice incontrastata della stagione 1975, l’agile e potente vettura torinese si ripete portando a casa il titolo costruttori (quello piloti sarà introdotto solo nel 1979) con un vantaggio abissale sui primi fra gli inseguitori: 112 punti contro 57. Quattro le vittorie assolute: Rally di Montecarlo, Rally del Portogallo, Rally di Sanremo e Tour de Corse. Tre delle quali opera del campionissimo Sandro Munari. Un dominio, quello della Stratos, che si ripeterà l’anno successivo, il 1977. Inanellando così una tripletta entrata nella storia delle corse.

Nella sua carriera, la Stratos ha vinto tutto o quasi. Al suo palmarés mancano solo due gare del Mondiale: il Safari Rally e il Rac. Tutte le altre le ha vinte.


Vero asso pigliatutto, la Stratos ha una storia curiosa. In origine c’è la dream car “Stratos Zero”: un prototipo avveniristico disegnato da Marcello Gandini e presentato dalla Carrozzeria Bertone al Salone dell’Automobile di Torino nel 1970. Il motore, in posizione centrale, è il quattro cilindri a “V stretto” della Lancia Fulvia. La vettura, nata come proposta di stile, colpisce i vertici della Lancia, che cercano un valido sostituto nelle competizioni alla piccola Fulvia Coupé. Ancora competitiva, ma chiaramente superata. Nasce così la Stratos HF, una berlinetta a motore centrale e trazione posteriore dalle dimensioni raccolte. A equipaggiarla è il sei cilindri a V di 2,4 litri della Ferrati Dino 246.

Di Lancia Stratos HF ne verranno costruiti 515 esemplari: 15 in più del numero necessario per ottenere l’omologazione della Fia nel Gruppo 4. Un modello, insomma, nato per correre e per vincere. Una macchina da guerra: potente e agilissima (al prezzo di un comportamento impegnativo) grazie al passo di appena 2,16 metri.

Fin dal suo debutto in gara, avvenuto nel 1972, la Stratos si afferma come l’auto da battere. Impresa difficile, quasi impossibile, come testimonia la tripletta di titoli mondiali 1975-1976-1977.  

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