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Intervista a Fabrizio Curci e a Wester che parlano di Alfa Romeo



Mancano pochi mesi al fatidico 24 giugno, giorno in cui il marchio più amato dagli italiani (e non solo) ricomincerà un'altra vita. Accadrà con la riapertura del museo di Arese e la presentazione del nuovo modello, il primo degli otto previsti da qui al 2018, anno in cui, secondo il piano di Marchionne, la casa del Biscione dovrebbe raggiungere l'obiettivo delle 400 mila vetture vendute in un anno. A gestire tutto questo e a metterci la faccia c'è naturalmente Sergio Marchionne che proprio al salone di Ginevra ha detto che "sull'Alfa Romeo stiamo giocando una grandissima partita: mancano quattro mesi al lancio del nuovo modello ma non sono sicuro che si chiamerà Giulia. Anche Renzi, in visita a Mirafiori è rimasto impressionato dal nostro impegno". Poi c'è l'ad Harald Wester, responsabile a livello globale oltre che di Alfa anche di Maserati, di cui vorrebbe replicare il successo. Quindi c'è Fabrizio Curci, appena arrivato al vertice del marchio per quanto riguarda l'area Emea (Europa, Medio oriente e Africa), l'uomo che dovrà gestire la zona calda del rilancio, quella di casa, dove il marchio è nato e l'attesa è altissima.

Stavolta sembra proprio un nuovo inizio. Cosa è cambiato rispetto ai precedenti piani di rilancio non proprio di successo?
"Stiamo lavorando nel silenzio, con riservatezza ma parleranno i fatti. Di quello che è accaduto nel passato non mi occupo se non della parte gloriosa. Il futuro comunque è stato disegnato e fino ad oggi l'azienda ha dimostrato di saper fare quello che ha raccontato. Il segnale è arrivato dal piano del 6 maggio di cui un gruppo importante di persone si sta occupando. Lì è scritto tutto e noi quel piano lo rispetteremo completamente".

Perché ricominciare da Arese?
"Il Museo di Arese e un contenitore di storia perché è lì che l'Alfa è nata ed lì che c'è una collezione importantissima di modelli. Quindi la nostra scelta è stata quella di ripartire includendo la storia. Anzi, dare la possibilità di vedere questa storia. È un rilancio del brand nella sua essenza. Anche simbolicamente, riaprire il museo di Arese è un segnale molto forte proprio come la nostra storia che non dobbiamo mai smettere di raccontare. Non sono tanti i marchi che hanno questo vantaggio".

Giusto ma tutti continuano a domandarsi quali saranno le nuove Alfa. Soprattutto se riusciranno a raggiungere quella eccellenza di un tempo.
"Noi abbiamo un piano molto chiaro. Bisognerà solo attendere il 24 giugno per la preview del nuovo modello. Poi dal giorno dopo partirà il piano"

Che prevede? È meglio se ce lo ricorda.
"Dopo questa berlina midsize ci saranno altri sette modelli. E naturalmente i prodotti già esistenti andranno ancora avanti".

Ci racconti meglio questi nuovi modelli. 
Saranno auto sempre eccitanti da guidare. Con due caratteristiche: bellezza e tecnologia. Comunque il riferimento resta la 4C. Chi vuole farsi un'idea dei prossimi modelli è a quella che deve guardare. Bella, un concentrato di tecnologia, molto leggera e quindi senza bisogno di dover ricorrere a potenze estreme. Un bilanciamento molto Alfa e per questo un riferimento per il futuro" 

Parliamo di numeri. Perché un obiettivo così ambizioso in così poco tempo?
"Perché siamo convinti di raggiungere 400 mila unita alla fine del piano nel 2018, un obiettivo importante per far capire quanto ci crediamo. Sarà una produzione tutta italiana proprio come il dna del marchio. Prodotti che nascono nel nostro Paese ma con una logica di funzionamento a livello globale perché i nostri estimatori sono in tutto il mondo, dagli Usa al Giappone".


Intervista di Repubblica.it 


Ginevra « Reset All », azzeriamo tutto. «Torniamo alle nostre radici, al nostro Dna». Parole sue, ingegner Wester. Era di maggio, l’anno scorso, e lei stava presentando all’Investor Day il piano industriale dell’Alfa Romeo. Concluse così: «Il meglio deve ancora arrivare». Un pezzetto di quella promessa si vide subito: la 4C Coupé. Oggi a Ginevra c’è la 4C Spider. Il 24 giugno, allo scoccare dei 105 anni dalla fondazione del marchio e in coincidenza con la riapertura del Museo di Arese, arriverà la nuova «berlina media». «Se la domanda è: avete scherzato? La risposta è: no, facciamo sul serio».

Altra partita della vita, per lei: dopo il rilancio (riuscito) di Maserati, quello dell’Alfa.
«Io sono uno dei tanti: in questo mestiere non bisogna mai darsi troppa importanza. E non c’è nessuna partita della vita: c’è un progetto da affrontare come si fa con tutti i progetti, componendo un mosaico di attività quotidiane, una sequenza definita di obiettivi». 

Hanno qualcosa in comune Alfa Romeo e Maserati? 
«Non sono soltanto aziende. Sono costruzioni ultracentenarie, parti preziose del patrimonio nazionale, pilastri della storia automobilistica. La differenza è che l’Alfa si posiziona in un ambito più competitivo, con ordini di grandezza superiori nei volumi. Ma ci sono tutti i requisiti per farcela. C’è il prestigio del marchio: l’Alfa è stata al top per decenni. C’è il supporto di tutto il gruppo Fca, che ha messo risorse e soldi». 

Cinque miliardi di euro. 
«Oltre cinque miliardi. C’è la nostra capacità di esecuzione, cioè: l’eccellenza dei nostri impianti. Ci sarà la forza della rete, perché non basta fare belle auto, bisogna anche sapere venderle. Ognuno deve fare la sua parte, ma siamo condannati ad avere successo». 

La rete Alfa Romeo dovrà affrontare un processo di ristrutturazione. 
«Assolutamente sì». 

Concessionarie esclusive? 
«In Europa, dato il profilo elevato dei prodotti e dei servizi, la rete sarà Jeep e Alfa, anche se separate e con ingressi distinti. Negli Usa e in Canada, dove abbiamo già una novantina di concessionari molto performanti, Fiat-Maserati-Alfa». 

Con le 4C avete fatto il «tutto esaurito»: nel 2015 ne produrrete 3.500, tra Coupé e Spider. Un successone. 
«La Spider andrà meglio della Coupé. Sono entrambi prodotti ad alta emozionalità, ma io stesso sceglierei la variante aperta perché è un’esperienza più fisica: sono più vicino al rumore, sento l’odore della natura. Un piacere più intenso». 

L’Alfa che presenterete il 24 giugno - e costruirete a Cassino - si chiamerà Giulia ?
«Non è ancora deciso». 

Mi spiega perché ci possono essere dei dubbi su Giulia? 
«Per varie ragioni. Immagini di divorziare e di ritrovare in seguito un’altra compagna: le piacerebbe che avesse lo stesso nome della prima moglie?». 

Forse non sarebbe così importante. 
«Importante magari sì, cruciale no. A funzionare dev’essere il prodotto. E poi potremmo uscire dalla visione nazionale: gli americani non hanno mai sentito parlare della Giulia, pensano a una bella ragazza italiana. Ai cinesi Giulia non dice niente. Insomma: è ancora un’opzione e ne stiamo discutendo, ma ciò non significa che sia un punto fondamentale». 

Capito. Ma siete voi a ripetere che volete riappropriarvi dell’identità di marca: il nome Giulia è uno dei più identitari dell’Alfa Romeo. 
«Vero, su questo non ci sono dubbi. Ma in passato abbiamo fatto degli errori con l’assegnazione di nomi ripescati dal passato. Sarebbe stato meglio inventarsi qualcosa di nuovo. Bisogna stare attenti. Quelle esperienze ci hanno insegnato che vanno recuperati soltanto i nomi di successo - e Giulia lo sarebbe - e che ci deve essere una fortissima coerenza di prodotto tra le vetture». 

I motori della «Giulia», o come la chiamerete. A suo tempo ha annunciato unità a iniezione diretta di benzina 4 cilindri, con potenze fra 180 e 300 cavalli, più un V6 da 400 a oltre 500 cavalli. Mentre i Diesel saranno 4 cilindri, compresi fra 120 e 210 cavalli, più un V6 da 250 a 330 cavalli. 
«Abbiamo dato solo i range delle potenze e le tipologie, sulle cilindrate non abbiamo ancora detto niente. Ma saranno tutti motori di proprietà». 

La trazione della «Giulia»? 
«Posteriore, con la variante integrale, indispensabile per spremere tutto il potenziale di vendita. In molte zone della costa Est degli Usa, senza 4x4 non si va da nessuna parte. Hanno degli inverni pesanti». 

Che cosa vedremo il 24 giugno? L’esemplare più potente della gamma, la superprestazionale Quadrifoglio Verde, o qualcosa di meno spinto? 
«Ci sono pro e contro per entrambe le opzioni. Partendo con la versione al top si rischia la delusione in seguito. Mentre partendo con... la variante flotte si rischia di non impressionare quanto vogliamo da subito. La cosa migliore sarebbe presentare tutto a giugno, ma è difficile. Stiamo discutendo». 

Dopo la «Giulia», sono in calendario l’erede della Giulietta e la sua variante sportwagon, una coupé media, un suv medio e uno grande, l’ammiraglia e una roadster. Conferma? 
«Abbiamo annunciato otto modelli entro il 2018, dalle compatte alle speciali». 

Rimane vuota la casella della Mito: addio «piccole»? 
«Vedremo. Ma è un problema relativo perché verrebbe venduta soltanto in Europa». 

Che cosa sono i laboratori «Skunk Works» vicino a Modena? Avete parlato di 200 ingegneri: per fare che cosa? 
«È il nostro core team : uno spazio dedicato alla progettazione delle nuove Alfa. E gli ingegneri sono già ben oltre 200: è un sistema in forte crescita».

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