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ALFA ROMEO 33 STRADALE: ALLE ORIGINI DEL MITO



ALLE ORIGINI DEL MITO Connubio perfetto di bellezza e prestazioni, la 33 Stradale del 1967 incarna il concetto di "la bellezza necessaria" di Alfa Romeo, e deriva direttamente dalla Tipo 33 regina del motorsport mondiale.

Il progetto della 33 segna il ritorno di Alfa Romeo alle competizioni, guidato dal Presidente Giuseppe Eugenio Luraghi e con il contributo di Carlo Chiti Autodelta, la neonata squadra corse del Biscione.

Il design della 33 Stradale è stato curato da Franco Scaglione, uno dei più grandi stilisti automobilistici dell'epoca, che ha creato un capolavoro di equilibrio, linee pure ed eleganza nei minimi dettagli.

Tra il 1967 e il 1969 sono stati prodotti solo 18 esemplari, uno custodito oggi nel Museo di Arese, rendendola estremamente rara e ambita dai collezionisti.

La 33 Stradale ha ispirato numerosi designer italiani famosi, che hanno contribuito a segnare la storia dell'automobilismo italiano e il design mondiale.

 


L’Alfa Romeo 33 Stradale del 1967 è una delle auto più affascinanti mai prodotte dal marchio italiano, il connubio tra bellezza e prestazioni, incarnando il concetto cardine di Alfa Romeo: “la bellezza necessaria", ossia il perfetto bilanciamento tra la meccanica raffinata e lo stile che la riveste. Ripercorriamo brevemente la sua storia rendendo omaggio agli audaci visionari che ebbero la determinazione di trasformare un sogno ambizioso in una “fuoriserie” che ancora oggi è fonte di ispirazione per il futuro del marchio Alfa Romeo.

Sono i ruggenti anni 60, epoca di rinascita economica e riscatto sociale e culturale. L’auto rappresenta un oggetto del desiderio, simbolo di eleganza, velocità ed esclusività. A quel tempo, Alfa Romeo è guidata da Giuseppe Eugenio Luraghi, manager poliedrico e colto, che vuole riportare Alfa Romeo sui palcoscenici del motorsport internazionale, dopo i fasti della prima metà del secolo. Basti pensare alle vittorie del primo campionato del Mondo per vetture Grand Prix nel 1925, delle 11 edizioni della Mille Miglia, delle 4 edizioni consecutive della 24h di Le Mans e, all’apice della sua gloria sportiva, dei primi 2 Campionati del mondo di F1 con i leggendari piloti Farina e Fangio.

Nel 1964 il Presidente Luraghi sente che è il momento ideale per un ritorno ufficiale alle competizioni. Per ricostituire un reparto corse acquisisce l’Autodelta, un’azienda di Udine che è già partner privilegiato per la produzione delle TZ. Con Autodelta rientra in Alfa Romeo anche Carlo Chiti, che già ha lavorato al Portello dal 1952 al 1957 e prende ora il ruolo di responsabile della scuderia ufficiale. Nello stesso anno, parte il progetto della 33. Luraghi chiede al suo team una vettura in grado di competere nelle “categorie del momento” per successo di pubblico e attenzione mediatica: il mondiale Sport Prototipi.

A metà degli anni Sessanta, Autodelta si trasferisce a Settimo Milanese – più vicino allo stabilimento Alfa Romeo, ma soprattutto alla pista prove di Balocco. Il primo telaio Tipo 33 progettato da Alfa Romeo, prendendo ispirazione dalla tecnica aeronautica, entra nelle officine Autodelta nel 1965. È una struttura tubolare a “H”, asimmetrica, realizzata in lega di alluminio, che integra al suo interno i serbatoi del carburante, e nella parte frontale, presenta una struttura in magnesio che sostiene in modo ottimale sospensioni anteriori, radiatori, sterzo e pedaliera. Il gruppo motore/cambio è montato longitudinalmente in posizione posteriore centrale. La carrozzeria è in fibra di vetro, in modo da limitare la massa totale ai 600 kg. che il regolamento prevede come minimo. Ancora una volta, la leggerezza è l’arma segreta di Alfa Romeo.

Un progetto così ambizioso e innovativo ha tempi di sviluppo non brevissimi. Prima che la 33 sia pronta per le gare passano quasi due anni. Per le prime prove la vettura adotta il 4 cilindri da 1.570 cm³ della TZ2; nel frattempo viene sviluppato un propulsore interamente nuovo, con il quale si passa a una configurazione 8 cilindri a “V”, con due litri di cilindrata e 260 cavalli di potenza.

La prima 33 a correre viene subito soprannominata “Periscopica” per la presa d’aria che spunta sopra il roll-bar. Per l’esordio viene scelta la cronoscalata di Fléron, vicino a Liegi; a guidare l’auto è il capo-collaudatore dell’Autodelta, Teodoro Zeccoli. Dopo anni di preparazione meticolosa, il 12 marzo 1967 la 33 entra nel mondo delle competizioni. E vince subito. È la prima di una lunga serie di successi sui circuiti più prestigiosi. Una cavalcata che porterà la 33 sul tetto del mondo, con le vittorie nel Campionato Marche del ‘75 e del ‘77.

Sull’onda dell’entusiasmo del ritorno alle competizioni, nel 1967 Alfa Romeo decide di produrre la 33 in piccolissima serie per i privati, una “fuoriserie” che combinasse le prestazioni della Tipo 33 da competizione con il comfort e la guidabilità adatte all’uso quotidiano. Il design viene affidato a Franco Scaglione. Nato a Firenze da famiglia di antica nobiltà, Scaglione studia per diventare ingegnere aeronautico fino al momento del servizio di leva; poi parte per il fronte libico, dove verrà fatto prigioniero a Tobruk. Torna in Italia a fine 1946, deciso a non riprendere gli studi, e sceglie di diventare stilista auto: prima con Pinin Farina, poi con Bertone e infine come designer indipendente. Scaglione mette nel progetto della 33 Stradale tutta la sua perizia tecnica e audacia creativa, creando un capolavoro in cui l’innovazione di stile si fonde con la ricerca dell’aerodinamica e della funzionalità.

Nasce così l’Alfa Romeo 33 Stradale, una coupé alta appena 99 cm con porte ad apertura verticale, una delle pochissime vetture da strada nate a partire dal modello da corsa, dal quale ha ereditato eccellenti soluzioni tecniche che, ben 56 anni dopo, sono ancora in grado di offuscare quelle delle sofisticate vetture moderne. Il suo design, quintessenza della bellezza in un'automobile, è quasi impossibile da descrivere: a esprimerlo sono l'equilibrio delle forme, la purezza delle linee, l'eleganza di ogni minimo dettaglio. Il cofango della 33 Stradale si apre completamente per migliorare l’accesso alle parti meccaniche, e – per la prima volta su un’auto “street-legal” – le portiere sono a “elitra”, al fine di agevolare l’ingresso in una vettura alta meno di un metro. Le altre differenze rispetto alla versione da pista sono i 10 centimetri in più di passo, per dare un po’ più di spazio nell’abitacolo, e il telaio tubolare in acciaio invece che in alluminio.

Oltre al design, di un’Alfa Romeo emoziona il motore e quello della 33 Stradale non fa eccezione. Derivato dal propulsore montato sulla versione da corsa e realizzato in leghe di alluminio e magnesio, con iniezione meccanica indiretta e un rapporto di compressione di 10:1, il motore di 2 litri ha 8 cilindri a V ed eroga 230 CV a 8.800 giri e una coppia di 206 Nm. Su un’auto così leggera, questi numeri si traducono in prestazioni da vera supercar per l’epoca: la velocità massima supera i 260 km/h e l’accelerazione da 0 a 100 km/h avviene in appena 5,5 secondi. Dunque, si tratta di autentico gioiello della motoristica italiana progettato dal leggendario ingegnere Giuseppe Busso e affinato dal team di Carlo Chiti per l’applicazione sul progetto 33.

La 33 Stradale viene presentata ufficialmente al Salone di Torino del 1967, ma svelata qualche settimana prima a un pubblico appassionato e competente presso l'Autodromo di Monza, alla vigilia del GP d'Italia di Formula 1. La scelta della location ovviamente non è casuale in quanto massima espressione del legame fra il mondo delle corse e le auto da strada. Un legame suggellato dalla presenza del Quadrifoglio, utilizzato per la prima volta da Ugo Sivocci nel 1923 e adottato, a partire dagli anni Sessanta, come simbolo ufficiale sulle Alfa Romeo dalle prestazioni sportive più marcate.

Quando nasce, la 33 Stradale è la sportiva più bella e costosa sul mercato, venduta a quasi 10 milioni di lire del tempo contro i 6 o 7 milioni delle rivali più prestigiose. Tra il 1967 e il 1969 vengono costruite solo 18 esemplari, uno di questi è custodito al Museo di Arese, rendendola estremamente rara e ambita dai collezionisti di tutto il mondo. Nel corso degli anni, è stata celebrata in numerosi eventi, mostre e concorsi d’eleganza, consolidando il suo status di icona dell’automobilismo mondiale.

La bellezza immortale della 33 Stradale, dovuta all'estro di Franco Scaglione, e la tecnologia direttamente derivata dalla Tipo 33 ne fanno una delle icone più rappresentative di Alfa Romeo. Fascino che si è alimentato nel corso degli anni con le interpretazioni dei più grandi designer dell’epoca. Infatti, alcuni dei 18 telai della 33 Stradale vennero impiegati per realizzare altrettanti prototipi, che anticipano due decenni di design automobilistico. La prima dream car è l'Alfa Romeo Carabo, disegnata da Marcello Gandini per Bertone, ed esposta al Salone di Parigi del 1968. Seguirono tre progetti Pininfarina: la P33 Roadster GS nello stesso anno, la 33/2 Coupé Speciale nel 1969, e la Cuneo nel 1971, che eredita il telaio dalla P33 Roadster GS. L'Iguana del 1969 fu la prima Alfa Romeo disegnata da Giorgetto Giugiaro, quando Italdesign era una società appena nata. Pochi anni dopo si aggiunse la "futuristica" Navajo del 1976, presentata da Bertone. Insomma, la 33 Stradale è un modello leggendario che ha segnato non solo la storia di Alfa Romeo, ma anche quella del design italiano.

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